Caltagirone
Dettaglio
“Caltagirone(…) Si dispiega lo scenario tufaceo del paese fitto di case e di palazzi, scandito dai cento campanili delle chiese, dalle moli dei conventi, del seminario, del carcere, del Collegio, nella guglia e nella mole della Matrice”.
La descrizione di Consolo racconta questo lembo di Sicilia interna, antichissima, situata sugli Erei, in posizione panoramica fra la piana di Gela e quella di Catania, fiorita sui calanchi di argilla nei suoi insediamenti che risalgono al paleolitico.
Il popolo di Caltagirone produceva terrecotte già dieci secoli prima di Cristo; un bellissimo cratere attico del V secolo, conservato nel Museo Regionale della Ceramica, rappresenta infatti la scena di un vasaio al tornio.
La città trova nuovo vigore con gli arabi, a partire dal nome Qal’ at al Gharùn che significa “Rocca delle Giare”, in riferimento alla lavorazione dell’argilla. Gli artigiani calatini traggono dalle cave d’argilla la materia prima del loro lavoro e dal vicino Bosco di Santo Pietro la legna per ardere le fornaci, affermandosi come i più importanti produttori isolani di ceramiche. I decori sembrano richiamare la fastosa arte del tessuto e del ricamo siciliano.
I secoli XV-XVII sono considerati l’epoca aurea della “Città della ceramica” che si arricchisce di chiese, istituti, collegi e conventi. Con i Gesuiti arriva l’università, dove si impartiscono lezioni di giurisprudenza, filosofia e medicina, nonché un ospedale che era tra i migliori dell’isola.
Il catastrofico terremoto del 1693 la rade al suolo insieme ad altre città del Val di Noto. Con la ricostruzione, anche l’arte ceramica rifiorisce sotto nuovi indirizzi artistici. Dalle fornaci escono vasi con ornati a rilievo e dipinti, acquasantiere, lavabi, paliotti d’altare, statuette, decorazioni architettoniche di prospetti di chiese, campanili e case, mattonelle a grandi disegni.
Ai primi dell’800 inizia la fiorente attività dei figurinai: Giacomo Bongiovanni rappresentava su creta volti e gesti di popolani, contadini, pastori, suonatori e briganti, spesso utilizzati nei caratteristici presepi, cucendo letteralmente sottilissimi strati di terracotta su figurine nude. Quasi inconsapevolmente il Bongiovanni seguiva gli stessi temi e soggetti che tanto interessarono, nella letteratura, gli scrittori veristi Verga e Capuana.
La città possiede molte attrattive che attirano gli sguardi ad ogni angolo: gli splendidi Giardini Pubblici, le architetture dei palazzi civili e nobiliari. Nel cuore del centro storico ecco la grande piazza centrale, un tempo denominata Malfitania, con al centro due grandi ed eleganti edifici, l‘ex palazzo Senatorio ed ex Teatro Garibaldi, oggi Galleria Sturzo e l’ex Monte di Pietà.
Tutto intorno tanti sono gli edifici nobiliari, tra i quali spicca il palazzo Crescimanno d’Albafiorita, dove agli inizi del XVIII secolo Ferdinando di Borbone e consorte furono ospitati durante una visita in città; il palazzo Libertini di San Marco, con la bellissima gradinata interna che ospitò la sede vescovile al suo primo insediamento; la scenografica chiesa del Collegio Gesuitico e la cattedrale San Giuliano, di origine normanna, con un magnifico prospetto liberty e la sua alta torre campanaria. Quindi la seicentesca sede della Corte del Capitano di Giustizia, di fronte al maestoso edificio comunale, prima residenza dei Principi Interlandi di Bellaprima. Tra gli altri, il palazzo Guttadauro di Reburdone e Maggiore di Santa Barbara, lungo la via San Bonaventura, così come le residenze di Emanuele Taranto e Bonaventura Secusio che tanto contribuirono alla storia della città, insieme a don Luigi Sturzo e Silvio Milazzo. Poco più avanti la chiesa di San Bonaventura con i soffitti affrescati a trompe l’oeil.
Quasi impossibile elencare tutte le chiese e i conventi che un tempo esistevano a Caltagirone; incredibili le sue viuzze, qui denominati carruggi, come a Genova, a perenne ricordo della colonia di Liguri che stanziarono in città e che, insieme alle famiglie catalane, amalfitane ed ebraiche, ne influenzarono la storia nell’architettura e nell’arte. Basti ricordare la tavola fiamminga, di Vrancke van der Stockt, oggi al Museo Diocesano, oltre ai tanti arredi sacri, dipinti e affreschi presenti nelle chiese. Ma il motivo per cui la città è particolarmente famosa, va ricercato nella fantasmagoria dei colori e delle invetriature delle sue ceramiche che fioriscono per ogni dove, vicoli, strade principali e angoli della città.
E ancora la bellezza della scalinata che con i suoi 142 gradini, rappresenta la storia della ceramica degli ultimi dieci secoli e ci porta quasi in cima alla collina, a godere di una vista spettacolare. Lassù, nell’antico quartiere fortificato, un tempo cinto da mura a guardia della zona medievale, troviamo l’antica Matrice dedicata a Santa Maria del Monte, da cui la scala prende nome.
A maggio la Scalinata diventa infiorata in onore della Madonna; alla fine di luglio viene illuminata da arabeschi di coppi colorati per la tradizionale festa del patrono San Giacomo, inaugurata da un corteo di cavalli, carrozze e da mazzieri in livrea, per poi essere nuovamente illuminata nelle notti di ferragosto.
Caltagirone ha una ricca tradizione culinaria di dolciumi tipici, legati alle varie feste tradizionali, come i cuddureddi, biscotti di miele, mandorle o vino cotto, e gli antichi panierini di pane e uova e la cubaita di ceci, vere architetture barocche.
La città non è lontana da altri siti famosi come la Villa Romana del Casale di Piazza Armerina e Morgantina, verso nord-ovest, e le città tardo-barocche e rinascimentali di Vizzini, Licodia Eubea, Mineo, Militello Val di Catania e la singolare città di Grammichele con la splendida piazza esagonale in cui il tempo è scandito dalla monumentale meridiana vicina a Ragusa e all’aeroporto di Comiso.
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